Il Velo di Maya e il Solipsismo

Il Velo di Maya e il Solipsismo

PRIMA PARTE

Ecco come la famosa Enciclopedia Treccani definisce il Solipsismo:

Dall’Ottocento il solipsismo, rigorosamente inteso, è la posizione teoretica che assume la coscienza empirica, individuale, come fondamento di ogni forma di conoscenza: inizialmente connesso all’idealismo soggettivo, cioè alla dottrina che risolve ogni realtà nei contenuti soggettivi, particolari, della coscienza, è parzialmente superato nell’idealismo trascendentale di Kant, che considera l’autocoscienza pura dell’«io penso» come fondamento universale e oggettivo del conoscere, cui tuttavia è ancora contrapposta la realtà autonoma della «cosa in sé»; il suo completo superamento avviene solo nell’ambito dell’idealismo oggettivo, in quanto posizione filosofica che elimina ogni contrapposizione tra la coscienza e la realtà.

Secondo le teorie della meccanica quantistica relazionale la fisica non riguarderebbe una realtà indipendente dall’osservatore ma si potrebbe definire una disciplina scientifica delle percezioni, infatti non descrive il mondo com’è ma come si presenta a ciascuno di noi, dando all’osservatore il compito di quantificarlo attraverso i propri sensi (Vedi “Il Velo di Maya” di Alberto Bergamini, Ed. Youcanprint).
La corrente filosofica dei Solipsisti afferma che la coscienza umana detiene il ruolo centrale. Secondo i filosofi idealisti non esisterebbe una realtà esterna in sé (il cosiddetto “noumeno” kantiano) e teorizzano la realtà del “fenomeno”, ovvero solo ciò che la nostra coscienza distingue e riconosce. Secondo questa concezione filosofica esiste unicamente l’individuo pensante e tutto ciò che lui percepisce come realtà è invece frutto della propria coscienza percepiente.

Questa speculazione apparentemente bizzarra ricorda Il paradosso del gatto di Schrödinger (Erwin Rudolf Josef Alexander Schrödinger, 1935) che secondo la sovrapposizione quantistica può essere vivo o morto a seconda che l’osservatore guardi o meno la scatola in cui è contenuto*. Questa non è che una delle innumerevoli, singolari e insolite leggi della meccanica quantistica, la branca della fisica che descrive il comportamento della natura su scale sub-atomiche. Ed è anche uno dei punti più delicati della teoria, che persino Albert Einstein osteggiò: l’esistenza un rapporto specialissimo tra osservatore (chi esegue l’esperimento) e oggetto osservato (il gatto, nel caso ideale di Schrödinger).
Secondo la meccanica quantistica, la realtà è contestuale, e questo contraddice le formulazioni intuitive del realismo e rafforza l’ipotesi dell’universo percepito.
Le recenti verifiche delle ineguaglianze di Bell hanno dimostrato che nessuna attuale assunzione teorica sul realismo e la località è mantenibile, e questo dimostra che non esiste una realtà oggettiva. Non esiste quindi un mondo ontologicamente distinto dalla interpretazione della realtà mediata dai sensi e dalla coscienza e che esiste indipendentemente dall’osservazione. Gli esperimenti hanno dimostrato che il mondo fisico è contestuale. Le sue misurabili proprietà fisiche non esistono prima dell’osservazione di esse.
A livello quantistico, la realtà non esiste finché non la si misura. Come dire che se un albero quantistico cade in una foresta quantistica e nessuno lo sente, l’albero non solo non fa rumore, ma neppure esiste. Gli scienziati, in particolare, si sono concentrati sulla doppia natura delle entità quantistiche, che sono al contempo onde e particelle, finché, per l’appunto, non le si misura e collassano in uno dei due stati. Proprio come il gatto di Schrödinger, che è contemporaneamente vivo e morto finché non si guarda dentro la scatola.
Osservatore e osservato, Microcosmo e Macrocosmo, Uomo ed Universo, entrambi legati come un’unica forma circolare che ricorda l’Ouroboros, il Serpente che si morde la coda, metafora di ciclicità e di vuoto/pieno (Come non ricordare che il vuoto in realtà è pieno di schiuma quantistica o “Vuoto Quanto-meccanico?) Entrambi legati da un destino comune che crea e sostiene la realtà materiale, vittime di una tragedia che li lega come Tantalo ed i suoi massi rotolanti…

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* L’esperimento fu elaborato nel contesto della discussione sul paradosso di Einstein-Podolsky-Rosen (EPR). Il paradosso EPR criticava una caratteristica fondamentale dei sistemi quantistici secondo l’interpretazione di Copenaghen, nota come entanglement quantistico. Questa prevede che due sistemi fisici interagenti devono essere trattati come uno solo, rappresentato da un unico stato quantico. Schrödinger, che condivideva lo scetticismo verso l’interpretazione di Copenaghen, fece notare un altro aspetto problematico: il principio di sovrapposizione, uno dei cardini della meccanica quantistica, afferma che se un sistema può trovarsi in due stati distinti, può trovarsi anche in una qualsiasi loro combinazione lineare; se però si esegue un’osservazione del sistema, questo viene indotto ad assumere uno stato determinato. Secondo Schrödinger, questo principio e il concetto di entanglement avevano conseguenze potenzialmente paradossali.

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